7.11.10

I "Quaderni di Corea": un regalo inaspettato

Stamattina mentre correvo come al solito (e sempre rischiando di inciampare) mi cade l’occhio su un libro, appoggiato su un muretto vicino ai cassonetti, proprio vicino casa. E’ uno dei Quaderni di Corea, Libreria Editrice Fiorentina, anno 1972.
Nella 2a di copertina c’è scritto: “Corea è un Quartiere della periferia livornese, dove si sviluppa un centro applicativo di promozione culturale e di rinnovazione scolastica. I Quaderni di Corea sono il risultato di incontri, di studi e di esperienze”.
Quello che ho trovato è il Quaderno n. 7 della quarta serie
VOGLIA DI SCRIVERE – Storie inventate dai ragazzi del Tempo Pieno per le classi elementari.
Presentazione di Gianni Rodari


Un ritrovamento importante, proprio quando apro il blog ScettaCivetta…. certo la sorte….. un regalo inaspettato, al momento giusto!
E allora riporto qui alcune parole scritte da Rodari nel ‘72: aprono il cuore e fanno volare la mente…

“Si parla spesso della fantasia, dell’immaginazione, come di una qualità superflua, o di un’attività pericolosa, o di una facoltà riservata a un gruppo privilegiato di persone (gli artisti, per esempio). L’immaginazione, in realtà, è uno strumento di cui la mente non può fare a meno. Se ne servono allo stesso titolo, per ricordare, per progettare, per capire, il falegname e lo scienziato, il bambino e l’adulto, lo scrittore e l’operaio. L’immaginazione serve per giocare, per lavorare, per vivere. Ci vuole immaginazione per criticare la realtà e proporsi di modificarla. (…)
L’invenzione di storie è uno dei modi (soltanto uno, s’intende: ce ne sono altri, come il disegno, il modellaggio, il teatro, il cinema, ecc.) di mettere in movimento l’immaginazione infantile, perché possa conoscere le proprie possibilità, affinarle, dispiegarle, esprimerle totalmente. Essa è in relazione a un particolare uso della parola, che i romantici attribuirono in esclusiva all’artista: quell’uso in cui la parola è fine, non mezzo; l’uso più libero, più creativo della parola. A me sembra che ci si possa proporre il fine umano di consegnare tutti gli usi della parola a tutti. Non perché tutti diventino scrittori (e del resto, perché no?), ma perché tutti dispongano con pienezza di quell’immensa arma di liberazione che può diventare la parola.”